martedì 17 giugno 2008

Severino Di Giovanni.


El Anarquista, inserito originariamente da Celeste.

Severino Di Giovanni nacque a Chieti il 17 marzo 1901.

Egli si avvicinò da giovane alle idee anarchiche con le letture delle opere di Bakunin, Malatesta, Proudhon ed altri. Nel 1921 entrò completamente nella militanza anarchica. Nel 1922, quando il Fascismo di Mussolini prese il potere in Italia, la censura e le persecuzioni contro gli anarchici obbligarono Severino all’esilio in Argentina con la moglie, Teresa Mascullo, e i tre figli. In Argentina, a 24 anni, s'innamorò perdutamente di América Scarfò, di 15 anni, che apparteneva ad una famiglia cattolica della locale classe media. Di Giovanni arrivò a Buenos Aires con l’ultima grande ondata di immigranti italiani, in gran parte gente molto povera ed analfabeta. Ad essa Severino indirizzò la maggior parte della sua propaganda politica e dei suoi scritti, principalmente attraverso il suo periodico "Culmine" che uscì nell’agosto del 1925. Di Giovanni così sintetizzava l’obiettivo del periodico: "Diffondere le idee anarchiche tra i lavoratori italiani. Contrastare la propaganda dei partiti politici pseudo-rivoluzionari, che fanno dell’ antifascismo una speculazione per le loro future conquiste elettorali. Iniziare tra i lavoratori italiani agitazioni di carattere esclusivamente libertario per mantenere vivo lo spirito di avversione al Fascismo. Stabilire un’intensa ed attiva collaborazione tra i gruppi anarchici italiani e il movimento anarchico locale". La polizia argentina cominciò ad interessarsi di lui il giorno in cui lanciò dagli spalti del teatro Colòn di Buenos Aires un volantino inneggiante a Matteotti. "Abbasso il fascismo!", urlò di fronte all'ambasciatore italiano. La polizia argentina lo fermò e i miliziani fascisti lo presero a pugni. Di Giovanni portò avanti una intensa attività rivoluzionaria, sia sul piano teorico - con la pubblicazione del suo periodico e di alcuni libri - sia sul piano dell'azione, con una lunga serie di attacchi contro strutture del potere. Anche se inevitabilmente fu soprattutto un uomo d'azione, questo non significa che Di Giovanni fosse privo di teoria, o che ne sottovalutasse l'importanza. Pubblicò molti numeri del suo giornale e diversi libri (di Pisacane, G. Asturi, Armand, Schicchi) e ne preparò altri per la pubblicazione (uno suo, altri di Sebastian Faure, Bakunin, Ryner, Nieuwenhuis, Pisacane, Proudhon, Goldman, Thoreau, Armand), e contribuì insieme ad Aldo Aguzzi alla pubblicazione di un quindicinale, "Anarchia". La maggior parte dei suoi articoli inneggiava all'agitazione: il fine ultimo fu sempre la rivoluzione sociale degli oppressi. "Culmine" fu pieno di appelli all'azione e connesso con la situazione sociale di quel periodo (la campagna internazionale in favore di Sacco e Vanzetti, il Fascismo in Italia e altrove, le tensioni reazionarie presenti in Argentina che sfoceranno nel colpo di Stato del 6 settembre 1930). Gli argomenti trattati in "Culmine" furono i più vari, dalle analisi sulla situazione argentina e mondiale alle notizie sui detenuti politici, dalle critiche al Fascismo e all'antifascismo liberale alla denuncia dello stalinismo (una rubrica di "Culmine" si intitolava "Dall'inferno bolscevico"). Di Giovanni non divenne però famoso per le sue teorie o per i suoi scritti, ma per le sue azioni violente. Tra gli attentati terroristici ci fu una bomba al Consolato Italiano di Buenos Aires nel quale morirono varie persone innocenti. Questo gli provocó l’antipatía del resto dei gruppi anarchici. Infatti il movimento anarchico sconfessò l’attività di Severino Di Giovanni subito dopo l’attentato. Commise molti altri gesti clamorosi, fino all’uccisione di Emilio Lopez Arango, nuovo direttore del giornale anarchico avversario "La protesta". Da lì in poi Severino Di Giovanni fu solo con la sua banda. Il gruppo di Severino - che incluse anche due fratelli di América, Paulino e Alejandro - continuò a rapinare banche e a colpire i simboli del Fascismo italiano, ma intanto i suoi amici caddero uno a uno. Il 29 gennaio 1931 la tipografia di Severino fu circondata dalla polizia. Iniziò una fuga rocambolesca che terminò con il tentativo di Severino di uccidersi. Lo portarono all'ospedale, lo ricucirono e lo incarcerarono. Poche ore dopo il suo arresto fu condannato a morte. Fu fucilato, per ordine dell'allora Presidente José Felix Uriburuè il giorno successivo (1 febbraio 1931). Paulino Scarfò, fratello di América, condivise la medesima sorte. Prima di morire, Di Giovanni incontrò la giovane amante e la esortò a studiare e a fondare una nuova casa editrice. Più tardi la Scarfò insegnò italiano all’Università di Buenos Aires, continuando a militare nell’anarchia. Nel 1951 giunse in Italia e si recò a Chieti alla ricerca dei parenti di Severino.

(Fonte: Wikipedia)