mercoledì 18 giugno 2008

Il sangue dei vincitori, il sangue dei vinti...

Sia il sangue dei vincitori che quello dei vinti è rosso. E su questo non c'è dubbio. Quando decisi di aprire questo blog non mi preoccupai assolutamente di pubblicizzarlo (a parte i link di altri blog, se questa può essere considerata una "forma"  di pubblicità") e decisi (in un secondo tempo) di non permettere commenti. Il fatto di cercare di essere il più possibile neutrale ti espone, sia da una parte che dall'altra, a critiche della fazione opposta. Perché la neutralità è ben vista solo quando non va contro le idee di qualcuno che ti dice che non è possibile, di fronte a determinate situazioni, non schierarsi. Altresì chi parteggia per una determinata idea o movimento non ha mai la serenità d'animo per cogliere quei (magari pochi) barlumi nella più profonda oscurità che simboleggia l'altra parte. Quelle fioche luci che possono intravedersi sono la prova che si possono trovare briciole di umanità in un mondo che in gran parte ne è privo o che ci vogliono far credere che ne sia privo. In un post precedente affermavo che la scarsa visibilità di questo blog mi permetteva di scrivere, fondamentalmente, per me e, nel contempo, di dare forma ai pensieri ed alle riflessioni che nascevano dopo la lettura di moltissimi testi sulla politica e sulla storia. Nel tempo molte certezze sono venute meno. Ed ora mi trovo a non avere più motivo di schierarmi. Troppe cose non tornano. Tra scegliere ed avere scheletri nell'armadio e rimanere neutrale ho optato per la seconda possibilità. Certi avvenimenti possono essere censurati, possono essere mostrati da un ottica diversa (e, a volte, fuorviante), possono essere ingigantiti o può esser loro tolta la giusta importanza. Ma qualcosa rimane sempre. E  quel qualcosa, se non ti permette di capire, almeno ti da' l'idea che non tutto quello ti è stato detto o raccontato è la pura verità. Perché, soprattutto, dopo un'immane tragedia come può essere una guerra, chi sta dalla parte dei vincitori non ha nessun interesse a mostrare al mondo i propri errori. Tutto è andato per il bene, noi siamo "migliori", "più buoni". In realtà, come diceva Arthur Ponsonby, quando si dichiara una guerra la prima vittima è la verità. (da Falsehood in Wartime  - 1928). Per buona pace di chi parla di revisionismo storico soltanto perché dati soggettivi diventano oggettivi e non rientrano nei parametri di chi ha vinto.