lunedì 16 giugno 2008

Militare sì, civile no?

Quella che vedete qui a fianco è una B61 e cioè una bomba termonucleare. La variante più recente (il Mod 11) è classificata come bunker buster o EPW.  È in grado di far penetrare nel terreno, nella roccia, nel cemento armato la propria energia distruttiva.  In Italia (come confermato in questo articolo e già accennato in un post precedente) ci sono novanta ordigni nucleari simili alla B61- Mod 11. Sono le B 61-3, B 61-4 e B61-10. Sono armi tattiche che possono essere "configurate" con un potenziale diverso e che spazia da 0.3, 1.5, 5, 10, 60, 80, fino ai 170 chiloton di potenza. Per non essere estromessi dal club del nucleare militare le ospitiamo. Mi sorge spontanea una domanda. Sì alla presenza del nucleare per scopi militari e no per quello ad uso civile? Se il motivo per il quale alcuni non vogliono le centrali nucleari è la pericolosità  delle suddette (che però producono energia) come interpretare o considerare o concepire la presenza di tutte queste armi di distruzione di massa? Noi (e non l'Iraq) abbiamo un arsenale che per l'intelligence americana potrebbe renderci possibile obiettivo di un attacco preventivo. Non fosse altro che le bombe sono le loro e noi un popolo amico (per ora e, per la nostra incolumità, spero a lungo). Il problema delle scorie? E chi mi dice che i nostri pronipoti non possano trovare un sistema per riciclarle o renderle inoffensive? E comunque: visto che il nucleare in casa nostra c'è già (quello militare) tanto vale avere pure quello civile. Per essere un po' (non dico molto... solo un po') meno schiavi del gas dei nostri amici russi (che, voglio ricordare, fino a qualche decennio fa' erano il "nemico", il blocco contrapposto, l'unica e vera minaccia all'Occidente democratico...).