domenica 9 dicembre 2007

Vista una viste tutte...

Il dizionario della lingua italiana (De Mauro) descrive così la messa: "nella Chiesa cristiana cattolica e ortodossa, rito liturgico in cui il sacerdote rinnova e commemora il sacrificio di Cristo sulla croce". Nella mia vista ne ho viste tante. E tuttora mi sfugge qualcosa. I partecipanti subiscono più che partecipare. Interagiscono con chi la officia ripetendo a memoria le frasi convenute in momenti ben precisi rigorosamente scanditi dal rituale. Se una persona partecipa per due anni di seguito, per fare un esempio, riascolterà all'inizio dell'anno successivo al primo le stesse cose. E qui casca l'asino. Non si va a messa per imparare qualcosa (forse con l'omelia che dovrebbe essere sempre la stessa in relazione al passo da commentare ma che in realtà si adatta alle circostanze politiche del momento) ma per rinnovare e commemorare il sacrificio del Cristo. Per chi, di altra confessione, il sacrificio di Joshua ben Joseph non sa neppure cosa sia stato (sempre che sia avvenuto) la messa appare incomprensibile. Forse pittoresca ma comunque incomprensibile. Sembra apparentemente fatta per unire ma l'idea che si può fare un osservatore neutrale quale è? Provate a pensare cercando di estraniarvi, come se arrivaste da un altro pianeta. Notereste, come prima cosa, che il ministro del culto è trattato con una certa deferenza. Quindi gli altri sono meno importanti di lui. La comunità recita a memoria, canta dei testi scelti da altri, non crea un dialogo costruttivo. Deve accettare pedissequamente. Non cresce. Il rito è immutato nei secoli. Piccoli aggiustamenti vengono fatti solo in casi eccezionali. Il sistema funziona. Perché cambiarlo? Se il ripetere per tutta una vita porta a convincere taluni che quello che continuano a ripetere è la verità contenti loro. Da discreto osservatore posso solo far notare la cosa... Possibile che pochi l'abbiano notata?